<%@LANGUAGE="JAVASCRIPT" CODEPAGE="1252"%> Lettera aperta a Carlo Giovanardi

La vessazione all’interno dei partiti si riflette sulla cosa pubblica

       I Popolari liberali mancano l’obiettivo

Lettera aperta a Carlo Giovanardi

Torna ai titoli                         La Lega di periferia manda in rovina il Centrodestra

 

giannantonio spotorno

 

Intendere cosa sia corretto è facile, il difficile è scegliere di farlo; credo che ciò segni la differenza tra l’odierna “normalità” di un politico e un leader vero.

So che capirai ogni passo di questa lettera e anche ciò che è scritto tra le righe, Carlo, ma chissà se vorrai dare atto di questo tuo capire.

I politici di oggi rinnegano anche Iddio pur di non perdere i loro agi faraonici, un leader vero invece non accetta di vincere se non insieme ai suoi principi.

Sono convinto, Carlo, che questa mia lettera sia un atto di onestà per chi la legge, per gli amici che abbiamo in comune, per te e per me. 

Le mie parole non implicano alcuna mancanza di rispetto; esse, al contrario, riflettono il rammarico del progetto dei Popolari Liberali che delude, quello della nostra amicizia che sembra andare a perdersi e quello di altri rapporti che terzi hanno chiuso con tale vigliaccheria da rendermi la vergogna d’averli vissuti. Le mie parole si accompagnano pure al rammarico di incomprensioni che non sarebbero nate se solo tu avessi avuto un po’ più voglia d’ascoltare.

A causa del misero coordinamento del PDL bergamasco appena trascorso, noto in buona parte anche a te, sai bene che non possono mancare personali motivi di grave indignazione; pubblicherò di seguito una lettera in cui accennerò ai poco edificanti sistemi adottati  da Carlo Saffioti per gestire la tornata amministrativa dello scorso giugno, ma adesso è più importante soffermarsi sulle delusioni che hanno raggiunto gli altri oltre me.

Perché i Popolari Liberali intesi come movimento politico e non certo come singole persone, non contano e non hanno mai contato più di tanto?

Le origini risalgono all’ambiguità dell’UDC già avvertita ai tempi della segreteria di Marco Follini; poi, da Lombardo a Prandini, a Rotondi, a Zambetti, a Bonsignore, a Pionati e chissà quanti altri, anche tu, raggiunta la saturazione, hai preso le distanze dai “virtuosismi” politici di Pierferdinando Casini.

Fin qui tutto bene, ma, già richiamata in apertura la “piccola” differenza che corre tra un politico di oggi e un vero leader, io ti rimprovero d’esserti proposto a noi come leader quando invece non lo sei.

A Roma, Milano, Arezzo, Verona, Udine, Palermo, Bologna, Modena e altre mille città nelle quali ti ho seguito, ti ho invitato più volte a prendere atto di taluni sconforti che toglievano entusiasmo a troppi amici. Ho cercato di attirare la tua attenzione su disagi anche diffusi e di farti intendere che ad essi non potevi ovviare con le aride ricette della politica dei nostri giorni.

La politica è per sua natura immorale, ma ciò che fa pessimi i politici è la loro attitudine a scegliere criteri di utilità che si sconnettono sempre più dall’etica.

I politici che vantano ruolo e destrezza in tale oceano di antidemocrazia, sono una vergogna per la politica e per la società; io non ti accuso di così gravi ruoli, ma di lasciarti galleggiare un po’ troppo passivamente in quell’oceano.

La gestione pubblica delle cose trae impronta dalla realtà interna dei partiti e tu sai meglio di me che nei partiti, tanto gli uni quanto gli altri, vi è una forte realtà vessatoria.

A ciò, si aggiunge il poco intelligente chiasso della Sinistra e i rozzi atteggiamenti della Lega di periferia.

Il livello di democrazia di un Paese non può crescere se nono cresce prima dentro i partiti; il vero leader sarà colui che vorrà impegnarsi in questo capitolo.

Nel nostro gruppo, invece, ho visto abbandonare e sostituire uomini senza farsi troppi scrupoli sulla loro sensibilità e ho visto incensarne altri secondo opportunismi spesso scollegati da qualsiasi merito. Ho letto, come molti, la lettera che hai inviato a Berlusconi circa la conclusione dei recenti lavori svolti a Verona ai quali ti avevo comunicato che non avrei partecipato.

E’, nella sostanza, una lettera finta già scritta nella consapevolezza e nella forma di non poter sortire nulla.

Un leader lotta con coraggio e se pur analizza accordi e compromessi, non cede alle restrizioni né alle  minacce di nessuno.

Egli si misura con le cose e le persone vere e non si circonda né di falsi intellettuali, né di insanabili profittatori.

Mettere bandierine sulla carta geografica al posto di esseri umani veri sul territorio non serve a nulla. Gli uomini bandierina si trovano ovunque, essi sono degli esseri umani cupi che rinnegano ogni onore anche solo per raccogliere delle insignificanti briciole; non mi ricordo che nella storia essi abbiano mai contribuito a raggiungere alcuna ragione.

Alla fine, dopo un tempo tanto lungo da essere di per sé testimone di un’analisi seria, ho tratto la conclusione che il gruppo dei Popolari Liberali è funzionale soprattutto alla tua sopravvivenza e a quella di pochissimi altri: ciò è senz’altro una finalità, ma non può essere la base di un progetto popolare e politico degno.

Anche in presenza di qualche sporadica intuizione, il mondo politico di oggi non dimostra di saper raggiungere alcun obiettivo di valore e pur descrivendosi ciascuno con ogni eleganza, rappresenta una realtà fortemente immorale e disonesta. La politica non riscuote la fiducia del popolo e sarebbe opportuno che gli onorevoli non fossero più chiamati onorevoli!