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Corruzione, fisco, Pippe e Pippi
giannantonio spotorno
Nel discernere di
fisco e di economia in genere, gli analisti “coi fiocchi”
propongono parametri, variabili e acronimi non sempre facili da
capire. Le opinioni rivolte a tutti, però, devono essere il più
possibile alla portata di tutti e, dunque, proporre esempi e
metafore di facile apprendimento.
Di là dei parametri
e delle equazioni, partiamo dal presupposto zero, facciamo cioè
finta che lo Stato non abbia il becco di un quattrino dentro le
proprie casse.
A riempire le sue
casse dobbiamo pensarci noi e per noi intendo io che scrivo, tu
che leggi, lui che ci osserva e tutti gli altri che messi
insieme si chiamano popolo, gente o cittadini.
In una società
civile, come dicono che sia la nostra, i cittadini versano allo
Stato una quantità di quattrini sotto forma di tasse con cui lo
Stato, riempite le casse, ma riempite davvero, si prepara a
spendere, cioè a finanziare una quantità di cose per il nostro
bene … dice lui.
Con le nostre tasche
vuote e i suoi forzieri pieni, lo Stato prende Pippo, lo nomina
suo rappresentante e lo manda in giro per la via in cerca di
cose utili da fare.
Pippo cammina,
cammina e cammina finché vede qualcosa che lo colpisce e di cui
prende nota per andare a riferire.
Ha visto un ospedale
insufficiente, una scuola trasandata, una strada dissestata e,
inoltre, ha ravvisato l’opportunità di sistemare un bosco, di
rinforzare un argine e così via.
Capita che Pippo
cerchi davvero delle cose utili per noi, ma capita pure che
cerchi quelle utili per sé e per chi gli fa botta.
In ogni modo, messi
gli appunti sul taccuino, Pippo corre al palazzo dello Stato per
descrivere quello che ha visto.
Lo Stato ascolta
Pippo in un grande salone dove, nel giro di poco, arrivano
decine, centinaia e perfino migliaia di altri Pippi che a loro
volta, non si sa esattamente come, hanno ricevuto altri mille
impensabili incarichi.
C’è il Pippo capo
tecnico con i suoi vice Pippi capi tecnici, c’è il Pippo capo
contabile con i suoi vice Pippi capi contabili, c’è il Pippo
capo legale con i suoi vice Pippi capi legali, c’è il Pippo capo
regolamento con i suoi vice Pippi capi regolamento e via di
questo passo fino a migliaia di signori Pippi e anche di signore
Pippe d’ogni tipo.
Come al primo Pippo
che abbiamo conosciuto, magari onorevole, anche agli altri Pippi
e alle altre Pippe accade di appuntare sul taccuino cose utili
soprattutto per se stessi e per chi fa loro botta.
E badate bene, quel
grande metaforico salone di cui abbiamo parlato è a Roma, ma i
Pippi e le Pippe sono ovunque e, come una metastasi, hanno
saloni, salette, salotti e stanzette in ogni città e paese e
istituzione d’Italia.
Il giro è semplice e
storicamente vizioso.
Inizialmente questa
miriade di Pippi e di Pippe erano divenuti “collaboratori” delle
istituzioni perché la politica statalista, già corrotta, aveva
inventato il motto “Un voto, uno stipendio”.
Di lì, i Pippi e le
Pippe si sono naturalizzati istituendo come delle corporazioni
(baronie) dentro la struttura dello Stato e hanno finito, in
casi anche acclarati, col tenere per le palle gli stessi Pippi
squallidi onorevoli che senza quelle baronie non sarebbero più
eletti.
Potete immaginare
quante vessazioni, scorribande, ruberie, corruzioni e sprechi si
annidino nei saloni e negli stanzini di cui abbiamo accennato?
La lotta contro il
cancro è dura, sia quella scientifica sia quella politica! |