<%@LANGUAGE="JAVASCRIPT" CODEPAGE="1252"%> Italiani, rivoluzionari di pastafrolla?

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       Italiani, rivoluzionari di pastafrolla?

Torna ai titoli                                                 Non hanno l’umiltà di fare squadra, ma vogliono fare i capi

 

giannantonio spotorno

 

Gli italiani scontenti hanno ragione, ma cadono come gonzi nei raggiri dei politici che sono più furbi di loro. Un parassita è spesso un animale, ma nel senso opportunistico del termine non è mai un cretino; occorre ricordarlo!

Nel nostro Paese si è molto liberi di non contare nulla e gli italiani scontenti sono bravi a fare di tutto per non contare mai.

Sono stanchi, non vanno più alle urne, ma i partiti se ne fregano e continuano a votare nei loro congressi dove nulla è più pilotato e corrotto di quel voto … del resto, è proprio lì che si decidono gli uomini delle istituzioni, non nelle urne pubbliche … che credevate?

Col suo 40 per cento, più o meno, il cosiddetto partito dei non votanti è diventato il partito più grosso, ma dal momento che molti politici sono in tutt’altre faccende affaccendati, chiedere loro di curare questa democrazia ammalata, è mortificante.

Sono percentuali un po’ al limite; i partiti devono illudere di garantire la democrazia rappresentativa e se perdono per strada qualche altro voto, non potranno più sostenere la commedia. Questa però è scienza politica e troppi “rivoluzionari” d’ogni parte, di tale scienza non ne masticano granché.

I politici dotati di coscienza non sono mai mancati, ma la norma che recita l’obbligo di tenere assieme la maggioranza che governa, oggi più che mai,  porta fatalmente nel pantano. La metà più uno del 60 per cento che vota deve governare e dunque tira dentro tutto come si fa con lo sciacquone.

I politici dello sciacquone puntano solo ai loro faraonici vantaggi e ad ogni stagione elettorale si mettono in moto per recitare la commedia … ma com’è che convincono a votare?

I modi sono nella sostanza due. Uno ammicca chi se la tocca e se la tira ancora col bigottismo democratico come “Votare è un dovere! Il voto è libertà! E “Bla bla bla” fino a configurare il non voto in una sorta di forma di peccato. L’altro compra invece a poco prezzo il voto di mandrie di senza dignità. E’ qui che agiscono quei maledetti re nani di periferia che poi ottengono il posticino amministrativo su interessamento del loro capo diventato nel frattempo onorevole per via dello sciacquone.

Basta l’illusione di un piacere, una manciata di Euro, un modesto cellulare, una ricarica, il buono per qualche pizza e così via.

Le motivazioni per reagire sono ora drammaticamente serie: la vessazione, per esempio, a cui ci sottopone il fisco o equitalia, la maleducazione con cui ci trattano uffici pubblici e istituzioni e via di questo passo per non parlare di quei maledetti re nani di periferia che una volta ricevuto il ruolo o la divisa della loro corruzione, si sentono l’autorità.

La strada per opporsi con successo adesso c’è, ma essa deve partire da punti assai precisi. 

Gli italiani scontenti dovrebbero prendere reale consapevolezza che la società dei valori sono loro e  assurgere a tale senso di responsabilità da rigettare gli arzigogoli che li dividono in mille di mille rivoli.

Gli italiani scontenti dovrebbero cercare maggiori risposte nella luce della cultura e rendersi un po’ più liberi dalla fanatica fedeltà a questa o quell’ideologia.

Gli italiani scontenti dovrebbero isolare spontaneamente le vanità di quell’esercito di capetti da strapazzo che piuttosto che impegnarsi a fare propria la grandezza dell’umiltà, preferiscono starnazzare portando comunque della brava gente nelle file dell’esercito di chi non conta nulla.

Gli italiani scontenti dovrebbero ambire a una maggiore elasticità mentale e se da una parte sono corretti i concetti di pluralità, diversificazione, indipendenza, autonomia e quant’altro, dall’altra non possono più avere spazio i distinguo dei: “… a me piace lunga, ma un centimetro di meno” oppure “… a me piace corta ma un centimetro di più”.

Infine, gli italiani scontenti sappiano che non concluderanno nulla se preferiranno la pigrizia alla responsabilità dell’impegno e della partecipazione.

Proporre è meraviglioso, ma nell’atto del proporre c’è quello che noi siamo. Basti l’esempio dello straordinario facebook potenzialmente idoneo a migliorare la nostra vita e praticamente rivendicato dal 90 per cento degli utenti per fare mostra di vanitose superficialità.