<%@LANGUAGE="JAVASCRIPT" CODEPAGE="1252"%> Già intuibile dal predellino

Torna ai titoli                                                                         Già intuibile dal predellino

 

giannantonio spotorno

 

 

"… e ora facciamo il PDL”.

Ecco le parole di Berlusconi dopo essere salito sul predellino di quella Mercedes insieme al suo sogno di riunire le forze del Centrodestra.

“ … tu, Fini, rinuncerai all’acronimo AN; tu, Casini, all’UDC e tu, Bossi, alla Lega”.

“Sì, no, no - furono, nell’ordine, le risposte” .

Fini dentro, Casini fuori, Bossi dentro, mentre l’istituto dei due pesi e delle due misure era per l’ennesima volta a battenti aperti.

PDL, da Polo delle Libertà, significò Popolo della Libertà e pertanto non più il Centrodestra unico, ma il suo più grande partito.

Una metamorfosi quasi istantanea, ma metamorfosi.

Nel caso di polo unico non si sarebbe dovuto accettare che la Lega rimanesse Lega, ma nel caso di aggregazione di forze del Centrodestra, si sarebbe dovuto permettere a Fini di rimanere AN e a Casini di farne parte come UDC.

Il ruolo di capo di un partito è assai diverso da quello di capo di un’aggregazione e nella storia della politica, solo a pochi è stato dato di capirne la differenza.

Berlusconi, sbagliando, ha pensato che fossero la stessa cosa e in più, nel ruolo di alleato, il copione del destino gli ha messo accanto un Bossi che oltre la grossolanità, non sa capire le cose sottili neppure se gliele spieghi.

Insomma, qualunque cosa fosse il PDL, già al primo vagito, commise due errori davvero gravi: da una parte si illuse che in questa Italia variopinta fosse possibile una configurazione unica del Centrodestra e dall’altra non soppesò il fatto che una tale discriminazione circa l’ingresso dei partecipanti, sarebbe stata foriera di guai inevitabili.

In ordine a ciò, nonostante le sue capacità, Berlusconi suonava la lira come Nerone mentre Bossi gongolava davanti alla sua improbabile sfera di cristallo; fu così che il germe di quegli iniziali errori trovò facile terreno di coltura.

Era ovvio che Casini se ne andasse e, dato che aveva fatto un passo più impegnativo oltre che avventato, era ovvio che Fini si vedesse stringere i panni addosso ogni giorno di più. Il promiscuo recipiente, in parte polo e in parte aggregazione, andò in pressione un po’ per volta e per quanto fuori di esso qualcuno iniziasse a rendersene conto, dentro si continuò a suonare la lira e a gongolare senza motivo.

Il piccolo PDL di Fini non gradiva l’insopportabile ingerenza leghista, mentre quello grande di Berlusconi si assoggettava sempre più alla stessa Lega che, secondo il famoso copione del destino, non capisce mai quando deve rilassare la propria rozza invadenza.

Ciascuno può pensare quello che vuole, ma ora nel Centrodestra si è stabilita qualche libertà e indipendenza in più.

Che succederà?

Ho scritto già da anni che la Lega avrebbe ucciso il Centrodestra e ho affermato qualche mese fa che le elezioni non erano dietro l’angolo.

Nessuno è pronto per il voto e tutti hanno paura, ma tutti si stanno preparando e, a insaputa dello stesso Bossi, la vittima rischia di diventare proprio lui.

Il tipo di maggioranza raggiunta alla Camera dei deputati il 29 settembre, ridimensiona la Lega in modo incredibile e ciò è cosa buona e giusta.

Il famoso terzo polo è un’eventualità e potrà raggiungere una percentuale tale da essere in grado di fare pendere la bilancia da una parte o dall’altra.

Il PDL potrà farne parte rinunciando a qualche megalomania o potrà restare con la Lega che dal canto suo, come ho scritto in tempi non sospetti, ha una fortissima propensione all’autolesionismo di rimanere isolata.

Liberi tutti di pensare che Il 29 settembre non sia successo nulla oppure che si siano abbozzati i prossimi anni della politica italiana.