Le fabbriche dei finti assiomi
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Il pregiudizio e l’istituto del plagio fiscale
giannantonio spotorno
Il
pregiudizio rende incapaci di leggere la realtà con vera autonomia di
pensiero.
La
democrazia, reale o finta che sia, si gioca sulla base delle opinioni,
dunque per qualcuno è “utile”, anche se intellettualmente disonesto,
cercare di crearle in modo opportunistico.
Le
chiamo “fabbriche dei finti assiomi” e ci ho perfino scritto la tesi di
laurea, ma dai partiti politici, alla pubblicità, all’informazione e
quant’altro, non è raro che si lavori per creare in noi delle
convinzioni, indipendentemente dalla loro attinenza con la realtà.
La
nostra antica propensione al pregiudizio è una sorta di vulnerabilità
che rende facile il gioco della menzogna finalizzato alla formazione
delle opinioni.
Non è
spontaneo per un essere umano credere di poter essere manipolato, ma non
è neppure spontanea l’umiltà per capirlo; trattandosi però di una
possibilità oggettiva, sarebbe opportuno non stabilire di esserne immuni
come per “grazia ricevuta”.
Giusto per portare un esempio, quello dell’evasione fiscale è un tema
che si presta molto all’accennata manipolazione.
Più
che sull’evasione, bisognerebbe concentrarsi sull’elusione e smascherare
la deliberata farraginosità del sistema; ma il politico non è d’accordo
e, dunque, fa sì che il popolo continui a consumare le proprie corde
vocali sul tema più coreografico dell’evasione che crea odio e disperde
le possibilità popolari di fare squadra.
Sappiamo tutti che la stragrande maggioranza delle tasse va a finanziare
la burocrazia, gli sprechi, la corruzione e i costi di politici e
amministratori, nonché i loro vizi anche faraonici.
Questa semplice riflessione porta a capire in modo lapalissiano come
politici e pubblici amministratori abbiano la necessità di distrarre
l’opinione pubblica dalle cause vere dello scempio fiscale.
Eppure, poche considerazioni dovrebbero bastare a mettere la verità al
giusto posto nella testa di ciascuno.
Senza
disturbare la precisione dei decimali, sappiamo che l’85% dei
contribuenti appartiene al lavoro dipendente. Ciò indica che i
lavoratori dipendenti sono vessati da un fisco mascalzone e che la
mitica evasione fiscale non può riferirsi alle percentuali astronomiche
che vogliono farci credere … ma c’è dell’altro.
Coloro che traggono giovamento dalla possibilità di formare pregiudizi,
si permettono di raccontare le cose che vogliono e di fornire i numeri
che credono; infatti, come se si trattasse di una piccola differenza,
l’ammontare dell’evasione fiscale del nostro Paese correrebbe tra gli 80
e i 250 miliardi di Euro. Ognuno, come si diceva, dà i numeri che vuole
e ciò la dice lunga anche sul naso di Pinocchio dei nostri politici.
Siamo
generosi e, circa i numeri, prendiamo buona l’evasione dei 250 miliardi.
Ammesso e non concesso che sia così, i politici e i giornali hanno
sempre dovuto ammettere, anche se a voce bassa, che quasi il 90% del
“nero” è imputabile a un esercito di poveri cittadini che vanno a
lavorare di domenica per dare da mangiare ai loro figli di lunedì e così
via. Si tratta ancora una volta di quel popolo di lavoratori dipendenti
già spolpato, che il fisco non può spolpare di nuovo; sapete perché? Né
per rispetto, né per pietà cristiana; i politici sanno che colpendo quel
lavoro nero, il Paese andrebbe oltre la fame col conseguente crollo di
parte di quell’85% che serve per pagare anche la loro incapacità e i
loro vizi.
Ci dimostreremmo
più sensibili se parlassimo di una triste evasione fiscale di emergenza
popolare.
Certo,
“l’evasione ricca“ esiste, ma anche se fatta fuori tutta non è tale da
sistemare le casse ingorde dello Stato; essa invece, nel fertile terreno
del pregiudizio, giova ai politici per scatenare odio in direzione altra
dalla loro. Noi dovremmo unirci in un patto popolare contro le menzogne
degli “eletti” della politica italiana, invece, ignari i nostri figli,
stiamo diventando una piantagione nelle mani dello Stato. |