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L’Unità
d’Italia e altro
giannantonio spotorno
Nella
piramide in cui classificò le esigenze umane, Maslow pose l’amore e
l’appartenenza al gruppo in posizione importante, cioè subito dopo i
bisogni fisiologici e la sicurezza fisica.
Quella
piramide non è stata mai contestata e la necessità di avere dei punti di
riferimento è riconosciuta da tutte le culture umane.
A
rinforzo del bisogno di appartenenza al gruppo, enunciato da Maslow,
aggiungo che ho delle particolari convinzioni personali circa la nostra
esigenza di fissarci nella memoria altrui, ma la mia è una riflessione
che riguarda l’Aldilà e dunque, almeno qui, è fuori tema.
Ritornando alle recenti celebrazioni dell’unità d’Italia, non saprei
cosa aggiungere alla ricchezza dei servizi giornalistici e delle riprese
televisive, al fascino dei “ricordi” della storia raccontati da italiani
semplici come da italiani di cultura, alla solenne atmosfera di quelle
cerimonie che solo noi sappiamo organizzare, nonché alla gioia degli
animi che sventolava in ognuno di quei mille e mille tricolori esposti
su di balconi, finestre, negozi, uffici, torri, pennoni e ovunque.
Ognuna
di quelle bandiere ha come sventolato un vento che si è messo a soffiare
sulla mia memoria, riportandomi la fragranza del significato di vecchie
frasi lette sui libri delle elementari e delle medie, come di antiche
parole di mio nonno e del mio maestro della scuola elementare
Lambruschini di Palermo.
No, a
tutto questo non saprei proprio cosa aggiungere né nulla vorrei
aggiungere, dato il pensiero che, in queste cose, si è protagonisti
quando si è uno dei tanti.
Eppure, qualcosa mi ha turbato; qualcosa di più grave della solita
esuberanza giovanile che crede di essere libera se rinnega tutto o di
certa imbecillità politica che si sente forte perché confonde il coraggio
con le idiozie urlate.
Qualcosa mi ha turbato e, come un messaggio subliminale, si è fissata
nel mio inconscio perché lì per lì non me ne sono accorto.
Le camere
erano in seduta congiunta, dunque, deputati e senatori erano insieme
nell’aula di Montecitorio.
Lì per
lì non me ne sono accorto, ma qualcosa mi ha turbato profondamente e mi
ha staccato da una parte dell’Italia che non ho potuto riconoscere come
Italia … gli individui che la telecamera riprendeva in quel momento, mi
sono apparsi come gli individui più tronfi dello Stato.
Eleganti e ingordi, esteti e immorali, traditori corrotti dell’etica e
dei valori, gabellieri ricchi sulla povertà dei cittadini, predicatori
di Dio ma azionisti di satana … rappresentavano la feccia della feccia
dell’Italia.
Una
visione che mi lasciò sconvolto mentre quel vento che soffiava sulla mia
memoria riportando la fragranza delle parole antiche, mi spiegò in modo
inconfutabilmente chiaro che quella era la ricorrenza dell’unità del
Popolo italiano e non dello Stato e dei suoi impostori.
Proprio così, la ricorrenza dell’unità del Popolo d’Italia che si è
liberato dagli oppressori stranieri e antichi, ma che ora deve liberarsi
dagli oppressori nati in Italia e nuovi.
Liberarsi da quei mille oppressori che vivono negli agi faraonici a
nostre spese, come da quegli altri, più di mille, che arrivano da
“onorevolezza” regionale, come dalle loro popolose corti che vivono
nella viziosa e ignobile ingordigia che si nutre a mo’ di rampicante
costrittore sulle nostre spalle.
Siamo
noi
la gente, siamo noi i cittadini, siamo noi il Popolo italiano!
Quell’altro è solo uno Stato che ci vuole a tutti i costi mentre noi non
lo vogliamo.
Io,
cittadino, non mi sento libero né rispettato e so di vivere tra milioni
di altri cittadini che soffrono per sentimenti pari ai miei.
Urlo
insieme a milioni d’italiani che giorno per giorno si risvegliano
dall’incredulità e cessano di tenere fermo in gola il loro urlo per la
libertà. |