<%@LANGUAGE="JAVASCRIPT" CODEPAGE="1252"%> Ogni manovra finanziaria è truffa

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giannantonio spotorno

 

Sento parlare di manovre finanziarie da decenni e per prima cosa mi colpisce il loro carattere sommatorio ovvero la particolarità di aggiungere balzelli nuovi a balzelli antichi che però restano a vita.

Sembra che gli inventori delle manovre finanziarie, evidentemente cinici e arroganti, pensino di poter sfidare la regola distribuita su tutto il creato, che vuole che non si possa sottrarre a una quantità più della quantità stessa.

Mi piace poi, si fa per dire, la formula “eroica” con cui le manovre vengono annunciate ed “elargite” al Popolo che mentre si guarda a destra viene fottuto da sinistra e viceversa, centro compreso.

Eh sì, noi Popolo italiano abbiamo mille caratteristiche eccellenti, ma chissà perché siamo costanti solo in quelle minori.

Al suono di concetti come la necessità di sacrificio, il bene comune, la lotta all’evasione fiscale, l’equità sociale, il senso dello Stato e altri sacrosanti che però vengono usati come elementi basilari della truffa, noi rispondiamo con la stessa ingenuità di sempre che ci vede confondere la notizia con la realtà.

“… penso che sia giustissimo - dice il viandante intervistato - abrogare le 31 (poi 29, poi 27 e poi chissà) province sotto i trecentomila abitanti …”; ma il viandante non sa che il personale onesto di quelle istituzioni resterà a casa, mentre sarà piazzato altrove e sempre a spese del contribuente, il personale che si era sistemato rispondendo all’appello di “un voto uno stipendio”, lanciato da questo e quel partito.

“… penso che sia giusto tagliare un po’ di soldi agli enti locali - dice l’altro viandante intervistato”; ma non sa che lo Stato mette in eroica passerella i conti dei risparmi centrali, mentre accorda che si formano nuovi balzelli fiscali nelle istituzioni di periferia.

“ … penso che sia giusto che ministri, parlamentari e quanti altri si taglino lo stipendio - dice il solito beota”; ma non sa che, fatti cento i soldi che un parlamentare “mangia” tutti i mesi, lo stipendio costituisce solo il 15% dell’insieme, mentre il resto, corruzione e affari a parte, viene da innumerevoli prebende e benefici economici che si accumulano sempre a nostre spese e di cui sappiamo poco o nulla.

Si ride spesso per non piangere, quando si assiste all’intervista del viandante.

E come non continuare tra lacrime o sorrisi, quando si osserva la banalità con cui reagisce la parte di Popolo che reagisce, mentre l’altra è intenta ad annegarsi nelle lacrime del pessimismo e della sfiducia?

Nella tecnica del muro di gomma, l’Italia delle istituzioni è uno degli Stati al mondo che meglio sa gestire la piazza, mentre ha a che fare col Popolo che la utilizza peggio.

Anche se all’insegna della sofferenza, non ha senso mobilitare le piazze senza un’abile strategia e al solo urlo dell’emotività!

Ah, dimenticavo … c’è poi una specie di terzo Popolo ovvero i profeti dell’ultimo minuto che a mo’ di salvatori della Patria, formano una lista civica locale o un partito nuovo in ogni portone ma a condizione che ne siano presidenti insieme alla loro vanità.

E’ vero, siamo oppressi da una casta politica infame ma non basta la sofferenza, non basta l’urlo, non è liberatorio il pessimismo ed è dannosa la vanità … insomma, ci vuole altro!

Un Popolo che pensa di ribellarsi all’insegna del concreto e subito è un Popolo che ha già perso, così come ha già perso un Popolo che fa della sfiducia la quotidianità o della superficialità un vanto.

La via d’uscita c’è, ma prima occorre ripudiare alcuni sciocchi luoghi comuni della nostra logica.