La
coerenza si evolve nelle scelte, invece, l’impreparazione si radica nel
ristagno.
Mi
viene in mente Lenin, al secolo Vladimir Ilyich Volodya Ulyanove
il suo “Che fare?”.
Pensate, Lenin scrisse l’opera nel 1901 e la rivoluzione russa scoppiò
nell’ottobre del 1917. Il libro parla di rivoluzione ma in ogni suo
passo compare la sistematica se non maniaca ricerca di una preparazione
in grado di progettare organizzazioni e strategie di alto livello.
Lenin
si è rivolto alla gente valorizzandola dal punto di vista
dell’intelletto; insomma, le ha chiesto senno politico e le ha chiarito
che anche la ribellione chiede disciplina. Ha trattato il concetto di
rivoluzione in modo scientifico e ciò ha prodotto il conflitto con quel
bue di Stalin che poté diventare capo del Cremlino perché Lenin, già più
anziano, morì a soli cinquantaquattro anni.
Del
resto, quando lo stalinismo traviò il leninismo e il bolscevismo, fu
come vedere la solita mandria di buoi nella cristalleria … ma andiamo a
noi!
Il
mondo occidentale sta pagando le proprie contraddizioni ma se anche
soffrono tutti, il Popolo italiano soffre più di altri.
Dalle
nostre parti, alla triste normalità accennata, si aggiunge l’ignominia
di una classe politica materialmente corrotta e moralmente depravata;
noi, dunque, non siamo solo frodati, ma anche umiliati.
Che
fare?
Ogni
potere politico è intrinsecamente portato a vessare qualsiasi popolo
pressappochista.
Il
disprezzo popolare italiano per la propria classe politica dirigente è
annoso ma ogni tentativo di riscatto è puntualmente fallito a causa di
una conduzione emotiva se non impulsiva.
Eserciti di frettolosi illusi hanno chiesto mobilitazioni su ogni tema,
non capendo che il “fronte” è da aggredire nella sua globalità; in
questo Paese, certo “starnazzo politico” popolare ha sempre distrutto
ogni possibilità seria di rivalsa.
Che
fare?
Opinionisti e opinionari non sono la stessa cosa e scomporci in mille
temi per mille individualismi è il più grosso favore che si possa fare
ai nostri ignobili politici.
C’è
chi, pensandosi paladino, s’illude di poter lottare entrando nei
partiti.
C’è
chi non avendo arte né parte, improvvisa i natali d’improbabili partiti
nuovi.
C’è
chi non vota, ma anche in questo caso siamo nel solito Paese dei
“distinguo”; infatti, c’è chi non vota rimanendo a casa, poi c’è chi
crede di non votare inserendo la scheda bianca o nulla e c’è chi
vagheggia che milioni di elettori, al seggio, mettano a verbale la loro
volontà di non voto. La maggioranza di non votanti darebbe scacco al
gioco dei partiti, ma sembra difficile capirlo.
Infine, cos’altro fare se non sgomente spallucce circa i creduloni che raccolgono
firme e promuovono petizioni e referendum?
Insomma, sia pure accomunati da un diffuso sentimento di reazione, siamo
una società ridotta in schiavitù a cui si aggiunge la beffa di molti
individui che si osannano quali liberi.
Che
fare?
In una
democrazia falsa come la nostra, solo la politica può battere la
politica.
Niente
sfoghi, niente improvvisazioni e niente scorciatoie!
Occorre riunire e organizzare il dissenso tenendolo ben lontano da azioni
illusorie e vanitosi individualismi.
Un
progetto politico popolare valido si muove per una strada in salita
molto lunga che affianca la maturazione personale, la crescita
culturale, la consapevolezza e il senso di efficacia e di strategia.
Strade
illusoriamente semplici e veloci rendono fallimentare all’infinto ogni
azione popolare di rivalsa; esse sono esaltate da chi non ha tempra né
altre virtù per partecipare a una reazione seria.