Cercando “Pasticcio di democrazia all’italiana” tra le ricette
culinarie, si può trovare qualche buona analisi sulla nostra situazione
politica e iniziare a capire già dagli ingredienti.
Politici e partiti corrotti a volontà, due massicce porzioni bilanciate
di voti comprati e voti bigotti, una dose di incompetenti rivoluzionari
di pastafrolla e una buona quantità di popolo arrogante, sempre incapace
di fare squadra e rovina costante del popolo avveduto.
Mettere tutto sul lento fuoco della politica e aspettare imperterriti
che esploda.
Ecco,
noi siamo in avanzata fase di cottura.
Parlare della feccia dei politici è ovvio ma, in tutta sincerità e col
cuore pieno di rabbia e di tristezza, io credo che occorra anche
rimproverare il popolo per essersi fatto rubare il tempo e la cultura
fino a non saper proporre nulla oltre gli stupidi starnazzi.
Vista,
udito, palato, olfatto e tatto sono gli immensi doni percettivi che ci
ha dato il Padreterno, ma è di moda usare solo quelli e così
l’intelligenza, cioè la trasformazione del cervello in mente, sembra non
contare più.
“Ragionare” con i cinque sensi percettivi è più comodo che percorrere il
sacrificio del pensiero e della conoscenza, ma porta a espressioni così
superficiali che la lingua appare collegata più al fondoschiena che alla
testa.
Crediamo pure a quello che ci pare, ma chi si esprime collegando la
lingua al fondoschiena, pretende sempre che un’opinione sia giusta solo
perché sua … del resto, se così non fosse, non si sarebbe creato lo
squallore politico che si è creato.
Oggi,
chiuse le politiche 2013, ecco che abbiamo saputo creare
l’ingovernabilità perfetta e anche l’illusione dell’ennesimo pagliaccio.
Circa
l’illusione dell’ennesimo pagliaccio, risalendo qualche decennio nella
nostra storia, troviamo Guglielmo Giannini che all’urlo di “Ne abbiano
piene le scatole”, fondava il partito de “l’Uomo qualunque”, proponeva
il folklore politico in luogo della politica, prendeva un discreto
consenso e moriva, politicamente, un po’ di anni dopo.
Poi,
proprio sul finire degli anni Settanta, Umberto Bossi inizia a urlare
che “La Lega ce l’ha duro”, propone di nuovo il folklore in luogo della
politica ed entra in coma un bel po’ di anni dopo.
Ora,
Beppe Grillo urla “Vaffanculo”, propone l’ennesimo folklore politico e,
come dice la storia e anche ”altro”, prepara la lunga agonia del suo
esercito di illusi.
Circa
l’instabilità perfetta, non c’è che dire: siamo degli imbattibili
campioni.
Bersani e il suo apparato la sanno lunga come la sanno lunga Berlusconi
e compagnia, i grillini invece non sanno nulla, ma la sa lunga Grillo
che frequenta l’antica scuola “Casaleggio” che frequenta l’università
Monti.
Cosa
vuol dire? Semplice.
I
partiti non possono più costruire stima per meritare consensi, dunque,
l’ingrediente più importante della citata ricetta, sono dieci milioni di
voti comprati secondo tre diverse modalità d’acquisto; costano più di
150 miliardi, sono pagati con soldi dei contribuenti e parlarne è un
tabù per tutti.
La
politica del palazzo deve mantenere a tutti i costi quei dieci milioni
di voti, ma il fondo è raschiato e la soluzione nel palazzo non c’è più.
Il
momento del popolo è forse all’orizzonte ma, come ho detto in apertura,
c’è un popolo avveduto che è rovinato da quello illuso, da quello
arrogante e da quello che ha venduto il voto.
Il
popolo avveduto dovrà dare vita a una sorta di lobby popolare che sia
distante tanto dai politici infami quanto dalle frange di quel popolo
che dimostra ogni giorno di non sapere salvare nessuno.